Inserzioni a pagamento bloccate da Meta per il non profit: tra divieti e nuove sfide

Dal 10 ottobre 2025, Meta ha sospeso tutte le inserzioni a pagamento su tematiche politiche, elettorali e sociali nell’Unione Europea.

Il 26 Settembre Meta ha pubblicato un documento ufficiale di linee guida, motivando la sua decisione come una risposta ai nuovi obblighi di trasparenza previsti dalla normativa europea TTPA (Transparency and Targeting of Political Advertising), ritenuti troppo complessi e poco gestibili.

Una nuova direzione di Meta che rischia di avere un impatto devastante per tutto il non profit a livello europeo.

Nella categoria delle social issues disciplinate dalla nuova regolamentazione europea e incluse nei divieti di Meta rientrano infatti temi fondamentali come diritti umani e civili, ambiente, salute, immigrazione, giustizia sociale, welfare e istruzione.

Tra i contenuti a rischio di blocco rientrano campagne di sensibilizzazione, advocacy, coinvolgimento volontari e raccolta fondi, perché percepite come potenzialmente rischiose, pur in assenza di qualunque finalità elettorale.

Le restrizioni riguardano esclusivamente i contenuti sponsorizzati, mentre i contenuti organici restano formalmente consentiti. Tuttavia, per molte organizzazioni gli attuali blocchi si traducono in una drastica riduzione della capacità di raggiungere pubblici nuovi e mirati. In Italia infatti le pubblicità a pagamento su Facebook e Instagram sono diventate una leva strategica essenziale per aumentare la visibilità e promuovere le proprie attività oltre le proprie communities.

Le più penalizzate potrebbero essere le realtà di piccole e medie dimensioni, che, per limiti di budget, non hanno la possibilità di diversificare su altri canali di posizionamento e di esposizione mediatica.

Di fronte a questa situazione, le reti europee del Terzo settore hanno reagito rapidamente. Philea ed EFA, di cui è parte anche ASSIF (Associazione Italiana Fundraiser), hanno denunciato l’“impatto devastante” del blocco, chiedendo a Meta una revisione del divieto e un dialogo con le istituzioni europee. Tra le richieste principali figurano maggiore chiarezza sulle definizioni di “social issue advertising”, criteri più prevedibili nella valutazione delle inserzioni e una distinzione esplicita tra comunicazione civica, advocacy e pubblicità politica.

Il Parlamento Europeo ha sollevato il tema tramite interrogazioni, evidenziando i rischi per il pluralismo e chiedendo chiarimenti sui confini tra campagne elettorali e comunicazioni civiche.

Parallelamente, sono nate community informali tra professionisti del settore, un ecosistema di supporto sempre più rilevante: gruppi su Telegram e Slack permettono agli addetti ai lavori di condividere strategie alternative, contenuti organici, best practice e strumenti di advocacy.

Tuttavia ad oggi resta una significativa carenza di dati pubblici e di analisi sull’impatto reale di queste restrizioni in termini di visibilità, raccolta fondi e coinvolgimento, così come una scarsa trasparenza sui criteri di revisione e rigetto delle inserzioni.

Gli enti non profit sono chiamati a ripensare le proprie strategie e azioni di coinvolgimento, puntando su contenuti organici, storytelling, diversificazione dei canali digitali e iniziative offline. Le reti informali e professionali diventano un’opportunità strategica per condividere soluzioni, dati e sostenere il tessuto variegato del non profit.

La sfida è salvaguardare la capacità di comunicare, coinvolgere e raccogliere fondi senza perdere il pluralismo delle voci e la partecipazione civica.

Una sfida che non riguarda solo il Terzo Settore, ma tutta la società civile.

Associazione per il terzo settore

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